• Calendario maggio 2018

  • Privacy: nuovo Regolamento Europeo

  • Quattordicesima mensilità

  • Rivalutazione TFR: coeff. di aprile 2018

Calendario maggio 2018

Giorni lavorabili 22
Ore lavorabili 176
Festività godute 1
Festività non godute
Sabati (settimane) 4

Privacy: nuovo Regolamento Europeo

Dal 25 maggio 2018 trova piena applicazione il nuovo Regolamento Europeo per la Protezione dei Dati Personali (General Data Protection Regulation – GDPR), adottato dal Parlamento europeo il 27 aprile 2016.

Per quanto concerne l’Italia, il Consiglio dei Ministri ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo che, in attuazione dell’articolo 13 della legge di delegazione europea, introduce disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale al Regolamento.

Fino al momento della conversione in legge del decreto legislativo di cui sopra, il Regolamento Europeo sarà l’unica fonte normativa in materia di protezione dei dati personali.

Occorre preliminarmente chiarire che le disposizioni del Regolamento non si applicano al trattamento di dati personali effettuati da persone fisiche per attività esclusivamente personali o domestiche, senza alcuna connessione con un’attività commerciale o professionale.

Trattamento e tipologia dati

L’art. 4 del Regolamento offre una definizione di Trattamento non difforme da quella fornita dal Codice della Privacy D.Lgs. n. 196/2003, ovvero come “qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali, come la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la strutturazione, la conservazione, l’adattamento o la modifica, l’estrazione, la consultazione, l’uso, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l’interconnessione, la limitazione, la cancellazione o la distruzione”.

I dati personali si suddividono in:

  • dati identificativi che permettono l’identificazione diretta (es. dati anagrafici);
  • categorie particolari di dati già noti come dati sensibili;
  • dati relativi a condanne penali o a reati.

In linea di principio è vietato trattare i dati particolari / sensibili, intendendosi quelli che rivelano l’origine razziale od etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche o l’appartenenza sindacale nonché genetici, biometrici, relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona. Il Regolamento cita i casi in cui il trattamento di questi dati è consentito:

  • in presenza di consenso espresso dell’interessato per una o più specifiche finalità;
  • quando il trattamento è necessario per l’assolvimento di un obbligo e per esercitare i diritti specifici del Titolare del trattamento o dell’interessato in materia di diritto del lavoro e della sicurezza sociale, in presenza di garanzie adeguate per i diritti fondamentali e gli interessi dell’interessato;
  • quanto il trattamento è necessario per tutelare un interesse vitale dell’interessato o di altra persona fisica qualora questi sia incapace fisicamente o giuridicamente di prestare il consenso;
  • quando il trattamento riguarda dati resi manifestamente pubblici dall’interessato;
  • quanto il trattamento è necessario per difendere un diritto in giudizio o per motivi di interesse pubblico.

I dati relativi a condanne penali e reati possono essere trattati solo sotto il controllo dell’autorità pubblica o se il trattamento è autorizzato dal diritto interno degli Stati Membri che preveda adeguate garanzie per i diritti e le libertà degli interessati.

Titolare del trattamento

Ai sensi dell’art. 4 n. 7 il Titolare del trattamento (Data Controller) è il soggetto che “singolarmente o insieme ad altri determina finalità e mezzi del trattamento”.

Il ruolo del Titolare del trattamento viene ridisegnato dal Regolamento europeo, stabilendo per questa figura l’obbligo di creare sistemi di trattamento che siano in grado di garantire il rispetto della normativa, riducendo a priori il rischio di diffusione o trattamento illecito dei dati.

Il Titolare del trattamento deve assicurare che siano trattati solo i dati personali necessari per ciascuna finalità e che la quantità di dati raccolti nonché i relativi tempi di conservazione non vadano oltre lo stretto necessario per perseguirle.

Secondo il concetto della “privacy by design” introdotto dal Regolamento il Titolare è tenuto a:

  • adottare politiche interne che disciplinino le modalità di acquisizione, trattamento, protezione e modalità di diffusione dei dati;
  • attuare misure tecniche e organizzative che soddisfino i principi della protezione dei dati, sin dalla fase di progettazione, sviluppo, selezione e utilizzo di applicazioni, servizi e prodotti.

Il Titolare deve essere in grado di dimostrare la conformità delle attività di trattamento con il Regolamento, compresa l’efficacia delle misure adottate.

Qualora il trattamento possa mettere in pericolo i diritti degli interessati, il Titolare, prima di procedere al trattamento del dato medesimo, dovrà rendersi “responsabile dello svolgimento di una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati (PIA)”. La valutazione d’impatto sulla protezione dei dati è un processo, soggetto a revisione continua, teso a garantire e dimostrare la conformità al Regolamento.

La PIA è obbligatoria, ai sensi dell’art. 35 par. 3 quando il Titolare:

  • svolge una valutazione sistematica e globale di aspetti personali delle persone fisiche, basata su un trattamento automatizzato, compresa la profilazione, e sulla quale si fondano decisioni che hanno effetti giuridici o incidono in modo analogo significativamente sulle persone stesse;
  • effettua un trattamento, su larga scala, di categorie particolari di dati;
  • opera una sorveglianza sistematica su larga scala di una zona accessibile al pubblico.

A titolo esemplificativo la PIA potrebbe rendersi obbligatoria nei casi di:

  • trattamenti valutativi o di scoring;
  • decisioni automatizzate che producono significativi effetti giuridici (assunzioni, concessioni di prestiti, stipula di polizze assicurative);
  • monitoraggio sistematico (videosorveglianza);
  • trattamento di dati sensibili, giudiziari o di natura estremamente personale (informazioni politiche);
  • trattamento di dati su larga scala;
  • combinazione o raffronto di insiemi di dati derivanti da due o più trattamenti svolti per diverse finalità e/o distinti titolari, secondo modalità che esulano dal consenso iniziale (Big Data);
  • dati relativi a soggetti vulnerabili (minori);
  • utilizzi innovativi o applicazione di nuove tecnologie (riconoscimento facciale).

La PIA è necessaria in presenza di almeno due di questi criteri, ma il Titolare può decidere di svolgerla anche se ricorre uno solo di essi. La PIA contiene almeno, ai sensi dell’art. 35 par. 7:

  • una descrizione sistematica dei trattamenti previsti e delle finalità del trattamento;
  • una valutazione delle necessità e proporzionalità dei trattamenti in relazione alle finalità;
  • una valutazione dei rischi per i diritti e le libertà degli interessati;
  • le misure previste per i rischi, includendo le garanzie, le misure di sicurezza e i meccanismi per garantire la protezione dei dati personali e dimostrare la conformità con il Regolamento.

E’ solo all’esito della PIA che il Titolare può decidere se iniziare il trattamento ovvero consultare l’Autorità di controllo competente per ottenere indicazioni su come gestire il rischio residuale. L’autorità non ha più il compito di autorizzare il trattamento ma di indicare al Titolare le eventuali ulteriori misure da implementare.

Il ruolo dell’Autorità di controllo si colloca quindi, nel nuovo quadro normativo, in un tempo successivo alle determinazioni assunte dal Titolare. Vengono quindi meno gli istituti della notifica preliminare al trattamento e della verifica preliminare così come conosciuti nella previgente norma. Questi istituti sono sostituiti dall’obbligo di tenuta del Registro delle attività di trattamento effettuate. Il registro è tenuto in forma scritta, anche elettronica e deve essere esibito a richiesta dell’Autorità di controllo. L’obbligo di tenuta è previsto per le imprese con più di 250 dipendenti o per le imprese che effettuano trattamenti a rischio per i diritti e le libertà degli interessati.

Il Garante ha invitato tutti i titolari, a prescindere dalle dimensioni della propria organizzazione a dotarsi del Registro dei trattamenti e, in ogni caso, a compiere una ricognizione dei trattamenti svolti e delle rispettive caratteristiche.

Il registro deve contenere almeno le seguenti informazioni:

  • il nome e i dati di contatto del Titolare e dell’eventuale DPO;
  • le finalità per le quali i dati sono stati raccolti;
  • una descrizione delle categorie di interessati e delle categorie di dati personali;
  • le categorie di destinatari a cui i dati personali sono stati o saranno comunicati;
  • i termini previsti per la cancellazione delle diverse categorie di dati nonché una descrizione generale delle misure di sicurezza.

Responsabile ed incaricati del trattamento

Ai sensi dell’art. 4 n.8 il Responsabile del trattamento (Data Processor) è “la persona fisica o giuridica, l’autorità pubblica, il servizio o altro organismo che tratta dati personali per conto del titolare del trattamento”.

La figura del Responsabile è, diversamente da quanto prevedeva il Codice Privacy, esclusivamente una figura esterna all’azienda, che deve presentare idonee garanzie di conoscenza specialistica, affidabilità e risorse per mettere in atto misure tecniche ed organizzative che soddisfino i requisiti del Regolamento.

Il rapporto tra Titolare e Responsabile è regolato da un contratto nel quale devono essere disciplinati poteri e responsabilità.

Il Regolamento non prevede la figura dell’Incaricato, ovvero di colui che in base alla previgente disciplina, era considerato l’operatore sui dati personali. Il Regolamento parla solo di “persone autorizzate al trattamento dei dati personali sotto l’autorità diretta del titolare o del responsabile”.

Responsabile per la protezione dei dati personali

Nuova figura denominata dal Regolamento Data Protection Officer (DPO). Il Titolare / Responsabile sono tenuti a nominarlo se:

  • il trattamento è posto in essere da un’autorità/organismo pubblico;
  • le attività di trattamento per loro natura/ambito di applicazione richiedono il monitoraggio regolare e sistematico degli interessati su larga scala;
  • le attività principali relative al trattamento riguardano, su larga scala, particolari categorie di dati personali riportati all’art. 9 del Regolamento

Il Garante Privacy ha precisato che la designazione del DPO non è obbligatoria in relazione ai trattamenti effettuati da liberi professionisti operanti in forma individuale, agenti rappresentanti operanti non su larga scala, imprese individuali o familiari, piccole e medie imprese, con riferimento ai trattamenti di dati personali connessi alla gestione corrente dei rapporti con fornitori e dipendenti. Resta intesa che la nomina può essere comunque effettuata su base volontaria.

Principi di liceità, correttezza e trasparenza del trattamento

L’art. 5 par. 1 del Regolamento prevede che i dati debbano essere trattati in modo lecito, corretto e trasparente, principi già peraltro enunciati dal Codice Privacy.

Il trattamento si considera lecito solo in presenza di una delle seguenti condizioni:

  • l’interessato ha espresso il suo consenso al trattamento per una o più specifiche finalità;
  • il trattamento è necessario nell’ambito di un contratto o ai fini della sua conclusione;
  • il trattamento è necessario per adempiere ad un obbligo legale cui è soggetto il Titolare;
  • in trattamento è necessario per salvaguardare interessi vitali dell’interessato o di altra persona fisica;
  • il trattamento è necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso con l’esercizio dei pubblici poteri di cui è investito il Titolare;
  • il trattamento è necessario per il perseguimento di un interesse legittimo del Titolare o di terzi.

Il principio della trasparenza si basa sul diritto dell’interessato di conoscere chiaramente le modalità con cui i dati vengono raccolti ed utilizzati e come possano essere facilmente accessibili oltre che comprensibili le comunicazioni relative al trattamento. Gioca un ruolo fondamentale in questo caso l’informativa che deve essere:

  • concisa, trasparente, intellegibile e facilmente accessibile;
  • utilizzare un linguaggio chiaro e semplice;
  • fornita per iscritto o con altri mezzi, inclusi quelli elettronici. Se richiesto dall’interessato può essere rilasciata oralmente, purché sia comprovata con altri mezzi la sua identità.

I contenuti dell’informativa di cui all’art. 13 del Regolamento sono tassativi:

  • identità del Titolare e i suoi dati di contatto;
  • dati di contatto del Responsabile (se presente);
  • finalità per le quali i dati vengono raccolti;
  • base giuridica del trattamento o interesse legittimo che lo giustifica;
  • destinatari o categorie di destinatari dei dati personali;
  • periodo di conservazione dei dati ovvero, se non determinabile, i criteri utilizzati per determinarlo;
  • diritto per l’interessato di chiedere l’accesso ai propri dati e la rettifica o la cancellazione degli stessi o la limitazione del trattamento che lo riguardano o di opporsi al loro trattamento oltre al diritto alla portabilità;
  • diritto di revocare il consenso in qualsiasi momento allorquando il trattamento riguarda categorie particolari di dati o per i quali l’interessato abbia prestato il consenso;
  • diritto di proporre reclamo all’Autorità Garante della Privacy;
  • se la comunicazione è un obbligo legale o contrattuale o un requisito necessario per la conclusione di un contratto, e se l’interessato ha l’obbligo di fornirli nonché le possibili conseguenze in caso di mancata comunicazione;
  • se il trattamento comporta processi decisionali automatizzati, la logica di tali processi e le conseguenze in capo all’interessato.

L’informativa deve essere rilasciata prima di effettuare la raccolta dati se questi vengono acquisiti presso l’interessato.

In caso di dati personali non raccolti presso l’interessato l’informativa va fornita entro un termine ragionevole che non può superare un mese dalla raccolta oppure al momento della prima comunicazione dei dati a terzi o all’interessato.

Gli scopi del trattamento devono essere determinati, espliciti e legittimi. Il trattamento dati deve essere limitato esclusivamente alle finalità del trattamento. Ciò significa che i dati raccolti devono essere adeguati e pertinenti rispetto al fine che si intende perseguire e non possono essere raccolti in misura maggiore a quella necessaria.

Il Titolare deve valutare il tempo di conservazione dei dati e limitarlo a quello necessario in funzione delle finalità del trattamento. Perciò deve essere precisamente indicato il tempo per il quale si conservano i dati o, alternativamente, deve essere data indicazione dei criteri che sovraintendono alla durata della loro conservazione.

Consenso dell’interessato

L’art. 4 n. 11 del Regolamento definisce consenso dell’interessato “qualsiasi manifestazione di volontà libera, specifica, informata e inequivocabile dell’interessato, con la quale lo stesso esprime il proprio assenso, mediante dichiarazione o azione positiva inequivocabile, che i dati personali che lo riguardano siano oggetto di trattamento”.

Il consenso può naturalmente essere prestato solo dai soggetti dotati di personalità giuridica. Per i minori è valido, in Italia dai 14 anni. Prima di tale età il consenso deve essere espresso dai genitori / tutori.

Non è ammesso il consenso tacito o presunto, deve essere esplicito per particolari categorie di dati e per le decisioni basate su trattamenti automatizzati.

Il consenso può essere reso mediante dichiarazione scritta, anche attraverso mezzi elettronici o orale. Tuttavia il Titolare deve essere in grado di dimostrare che l’interessato ha acconsentito al trattamento, ragion per cui, come anche ribadito dal Garante Privacy, la forma idonea a configurare l’inequivocabilità del consenso è solo quella scritta.

Misure di sicurezza

L’art. 32 par. 1 del Regolamento prevede che le misure di sicurezza devono “garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio”, lasciando al Titolare la libertà di scelta in relazione alla realtà in cui opera.

Nel Regolamento scompare il concetto di “misure minime di sicurezza” elencate nell’allegato B del Codice Privacy. L’art. 32 fornisce solo suggerimenti sulle misure di sicurezza, fornendo, a titolo esemplificativo, 4 tipologie di misure di sicurezza:

  • pseudonimizzazione e cifratura dei dati personali;
  • capacità di assicurare permanentemente riservatezza, integrità, disponibilità e resilienza dei sistemi e dei servizi di trattamento;
  • capacità di ripristinare tempestivamente la disponibilità e l’accesso ai dati personali in caso di incidente fisico o tecnico;
  • procedura per testare, verificare e valutare regolarmente l’efficacia delle misure tecniche ed organizzative al fine di garantire la sicurezza del trattamento.

Gestione delle violazioni di dati personali

L’art. 33 del Regolamento impone al Titolare del trattamento di notificare all’Autorità di controllo la violazione dei dati (data breach), entro 72 ore dal momento in cui ne viene a conoscenza.

Per violazione dei dati si intende la “violazione di sicurezza che comporta accidentalmente o in modo illecito la distruzione, perdita, la modifica, la divulgazione non autorizzata o l’accesso ai dati personali trasmessi, conservati o comunque trattati”.

L’obbligo di notifica scatta nel caso in cui la violazione dei dati personali presenti un rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche.

Privacy nei rapporti di lavoro

Il Regolamento impatta necessariamente nella gestione del trattamento dati dei lavoratori dipendenti, i cui diritti fondamentali, incluso quello alla riservatezza, devono essere protetti.

I trattamenti possono essere attuati per:

  • adempimento di obblighi derivanti dal contratto di lavoro (esempio retribuzione);
  • adempimento di obblighi legali (esempio conguaglio imposte);
  • interesse legittimo del datore di lavoro (esempio salvaguardia e miglioramento della produttività);

Non pare possa annoverarsi fra le cause legittime di trattamento il consenso del lavoratore, poiché il rapporto di dipendenza nei confronti del datore di lavoro ne escluderebbe la libertà sia nel momento in cui viene espresso che nell’eventualità di una revoca.

Controllo a distanza dei lavoratori

In tema di controlli a distanza, l’articolo 4 della legge n.300/1970 riscritto dall’art. 23 del D.Lgs. n. 151/2015, stabilisce che gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti da cui derivi la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere impiegati esclusivamente per:

  • esigenze organizzative e produttive;
  • sicurezza sul lavoro;
  • tutela del patrimonio aziendale.

In presenza delle esigenze suddette è necessario concludere preventivamente un accordo sindacale sulle modalità di utilizzo o, in mancanza di accordo, richiedere specifica autorizzazione all’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

La regolamentazione disciplinante il controllo a distanza dei lavoratori non si applica “agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa”, ovvero all’utilizzo delle apparecchiature (es. tablet, telefoni, PC) che costituiscono gli strumenti di lavoro. Tali strumenti tuttavia non possono essere modificati con l’aggiunta di dispositivi di localizzazione o filtraggio, in quanto da strumenti che servono al lavoratore per rendere la prestazione, diverrebbero strumenti per controllare la prestazione, ricadendo nella disciplina del preventivo accordo / autorizzazione. Sul punto è intervenuto anche l’INL con la circolare n. 2 del 7 novembre 2016 (ved. Circolare lavoro n. 12/2016), sostanzialmente confermando la natura di strumenti potenzialmente utilizzabili per il controllo a distanza dei lavoratori dei sistemi di geolocalizzazione, salvo che essi siano funzionali e indispensabili per rendere la prestazione lavorativa ovvero siano previsti da specifiche norme (portavalori).

Le informazioni raccolte dagli strumenti di lavoro sono utilizzabili per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, compresi quelli disciplinari, a condizione che:

  • sia stata data adeguata informazione al lavoratore circa le modalità d’uso degli strumenti stessi e di effettuazione dei controlli;
  • siano state rispettate le disposizioni in materia di privacy.

Il rispetto delle disposizioni in materia di privacy è dato quando è fornita ai lavoratori adeguata informativa, anche attraverso specifici regolamenti e policy aziendali sul corretto utilizzo degli strumenti di lavoro di cui sono dotati. A questo scopo è utile far riferimento alle Linee guida per posta elettronica e internet pubblicate dal Garante Privacy nel marzo 2007 (ved. Circolare Lavoro n. 3/bis 2007) oltre al Vademecum del giugno 2015 sempre pubblicato a cura del Garante (ved. Circolare Lavoro n. 6/2015).

La raccomandazione del Garante a tutti gli operatori datori di lavoro è quella di dotarsi di un disciplinare interno sul corretto utilizzo degli strumenti informatici, da pubblicizzare allo stesso modo del codice disciplinare (quindi mediante affissione in luogo accessibile a tutti), che deve contenere:

  • quali comportamenti non sono consentiti nella navigazione in Internet;
  • in quale misura è consentito utilizzare per ragioni personali servizi di posta elettronica;
  • quali informazioni sono memorizzate temporaneamente e chi vi può accedere;
  • se in quale misura il datore di lavoro si riserva di effettuare controlli, indicandone ragioni e modalità;
  • quali conseguenze, anche disciplinari, il datore di lavoro si riserva di adottare in caso di utilizzo difforme;
  • le soluzioni per garantire la continuità dell’attività lavorativa in caso di assenza del lavoratore, con particolare riferimento all’attivazione di messaggi di risposta automatica;
  • le prescrizioni interne sulla sicurezza dei dati e dei sistemi.

E’ stata rivisitata l’Informativa privacy da rilasciare ai dipendenti contenente anche il consenso al trattamento in funzione delle pervenute novità legislative.

Il nuovo modello di informativa, accessibile dal Menù Documenti, è allegato alla presente.

Per sostituirlo a quello attualmente in uso è necessario scompattare il file DocumentiPaghe.zip nella cartella Licon/Exe/Std (sovrascrivere).

 

Quattordicesima mensilità

Entro il 30 giugno 2018 gli impiegati del settore Edilizia Industria, Commercio e Terziario, etc. devono ricevere la 14° mensilità pari ad una mensilità della normale retribuzione.

La quattordicesima mensilità viene corrisposta una volta l’anno e più precisamente entro il 30 giugno di ogni anno. La sua erogazione in misura intera presuppone che il relativo diritto sia maturato nei 12 mesi precedenti, periodo nel quale il lavoratore deve avere prestato la sua attività lavorativa.

Nel caso di rapporti iniziati in corso d’anno deve essere corrisposta una quattordicesima mensilità pari a tanti dodicesimi della misura della mensilità aggiuntiva piena per quanti mesi di lavoro può far valere il lavoratore. Per le frazioni di mese pari o superiori a 15 giorni queste vengono considerate come mese intero di lavoro.

Assenze

Durante le assenze per malattia, congedo di maternità, infortunio sul lavoro e CIG, il diritto alla mensilità matura, ma la quota relativa ai periodi di assenza è a carico INPS e INAIL che la pagano unitariamente alle indennità erogate dagli enti stessi.

E’ necessario distinguere il caso in cui il datore di lavoro integra l’indennità erogata dagli enti previdenziali al fine di raggiungere la quota di retribuzione del 100%, da quelli in cui il datore di lavoro non effettua la predetta integrazione.

Nel primo caso vi è l’obbligo di integrare i trattamenti degli istituti previdenziali e assicuratori (indennità di malattia, infortunio e maternità), il datore di lavoro corrisponde la quattordicesima mensilità per intero se ha già detratto i ratei pagati da INPS e INAIL in sede di integrazione.

Nel caso in cui non vi sia l’obbligo di integrazione all’indennità erogata dall’INPS/INAIL, il datore di lavoro deve detrarre dalla quattordicesima mensilità il rateo già corrisposto dall’Ente Previdenziale.

Regime Fiscale

L’imposta sulla 14° mensilità va trattenuta al lordo delle detrazioni fiscali per lavoro dipendente e per carichi di famiglia normalmente ammesse per le altre 12 mensilità.

Regime Contributivo

Le mensilità aggiuntive concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini contributivi nel rispetto dei minimali e massimali previsti dalla legge. Vanno quindi a sommarsi alla retribuzione del mese in cui le stesse sono corrisposte.

Nel mese in cui viene corrisposta la quattordicesima mensilità potrebbe determinarsi il superamento della prima fascia di retribuzione pensionabile (rapportata a mese) con la conseguenza che il lavoratore dovrà pagare il contributo aggiuntivo IVS dell’1% da calcolarsi sulla quota eccedente detto limite. L’INPS comunque ha precisato che se si prevede di non superare il limite annuo della citata retribuzione pensionabile, si può non applicare l’aliquota aggiuntiva, anche se in alcuni mesi il limite è superato. In ogni caso sono previste operazioni di conguaglio a fine anno o a fine rapporto.

 Nell’Area Paghe i limiti che fanno scattare su base mensile e/o annuale l’addizionale IVS sono inseriti nella tabella Minimali/Massimali INPS. Per ogni dipendente è possibile effettuare il prelievo addizionale o su base mensile o in sede di conguaglio annuale a seconda della scelta operata in Anagrafica Dipendete pagina Contributi.

E’ necessario gestire una voce di calcolo denominata quattordicesima mensilità, con impostazione rateo = 14esima. Per il comparto Edilizia l’Elemento Variabile della Retribuzione non incide sulle mensilità supplementari.

Il campo Ferie/permessi/ratei deve essere impostato = 14esima per poter leggere in automatico i ratei calcolati/inseriti nell’Anagrafica Ferie / Permessi. Non c’è necessità di attivare il flag Ripartizione part-time se i ratei sono maturati già in proporzione alla percentuale di lavoro a tempo parziale. Il flag Separazione imponibili Irpef consente la gestione del prelievo fiscale sulla mensilità supplementare senza effettuare il cumulo delle retribuzioni con il mese di giugno.

La mensilità aggiuntiva può essere erogata con un cedolino separato oppure può essere inserita nel cedolino di giugno come voce separata.

Soluzione con elaborazione e stampa di un cedolino separato.

Dopo aver concluso le elaborazioni relative al mese di maggio, anche con l’aggiornamento archivi, l’utente deve inserire un cedolino con mensilità 14 e mese di calendario 06.

Dopo l’elaborazione e la stampa definitiva con assegnazione di numero Inail ai cedolini di quattordicesima mensilità non si deve procedere a nessun tipo di elaborazione aggiuntiva (UniEMens, F24) né tantomeno all’Aggiornamento degli archivi. Si deve provvedere solo alla eventuale contabilizzazione in Prima Nota Contabile.

Le procedure di elaborazione UniEMens ed F24 devono essere invece effettuate solo dopo aver elaborato i cedolini di giugno (mensilità 06, mese 06). L’elaborazione delle dichiarazioni mensili e successivamente l’aggiornamento archivi tengono conto infatti di tutte le mensilità inserite in un certo mese di calendario.

Soluzione con elaborazione e stampa di un unico cedolino.

Dopo aver concluso le elaborazioni relative al mese di maggio, l’utente deve inserire la voce di quattordicesima mensilità nel cedolino di giugno (mensilità 06, mese di calendario 06), insieme con tutte le altre competenze e trattenute relative alla mensilità giugno.

La procedura di elaborazione e aggiornamento archivi è uguale a quella di tutti gli altri mesi.

 

Rivalutazione TFR: coeff. di aprile 2018

Il coefficiente di rivalutazione per la determinazione del TFR maturato nel periodo compreso tra il 15 aprile 2018 e il 14 maggio 2018 è pari a 101,7.