Con la pubblicazione del decreto legislativo n. 81/2015 è stato riscritto l’articolo 2103 del cod. civ. eliminando il divieto di adibizione a mansioni inferiori del lavoratore.

 

La nuova disciplina, che attua un significativo ampliamento dei margini di flessibilità nella gestione del rapporto di lavoro, si applica a tutti i lavoratori anche se assunti precedentemente alla data di entrata in vigore della norma (25 giugno 2015).

La precedente disciplina in tema di ius variandi era risalente al 1970 (Statuto dei lavoratori). Secondo tale norma il potere di modifica delle mansioni poteva essere esercitato solo tra mansioni equivalenti. La nozione di equivalenza, peraltro, è stata oggetto in passato di interpretazioni restrittive da parte della giurisprudenza, privilegiando una lettura della norma che fissava il principio di equivalenza nella parità di contenuto professionale delle prestazioni (profilo soggettivo) e nella salvaguardia  dell’esperienza professionale acquisita (profilo soggettivo). Il divieto di modificare in pejus le mansioni, cioè di assegnare il lavoratore a mansioni di contenuto professionale inferiore, era assoluto, salvo la fattispecie del lavoratore divenuto nel corso del rapporto inabile alle proprie mansioni per malattia o infortunio o per evitare licenziamenti nell’ambito di una procedura di mobilità.

Il Decreto Legislativo licenziato ora dal Governo opera significative modifiche al regime previgente. Il datore di lavoro potrà ora decidere unilateralmente il mutamento delle mansioni del lavoratore purché le nuove siano riconducibili allo stesso livello di inquadramento contrattuale e alla stessa categoria di appartenenza. Viene quindi sottratto al sindacato del giudice la valutazione dell’equivalenza delle mansioni vecchie a quelle nuove, comparazione affidata integralmente ai CCNL di riferimento.

Il datore di lavoro potrà inoltre assegnare il lavoratore a mansioni anche appartenenti al livello di inquadramento inferiore , purché rientranti nella medesima categoria, ma solo per modifiche agli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore e quale alternativa al licenziamento.

Ulteriori ipotesi di assegnazione a mansioni inferiori possono essere stabilite dai contratti collettivi, anche di secondo livello (territoriali o aziendali).

In caso di demansionamento del lavoratore disposto unilateralmente dal datore di lavoro, la retribuzione non potrà subire decurtazioni, ad eccezione di quegli elementi ricollegabili a particolari modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.

Ulteriore modifica dell’articolo 2103 del codice civile riguarda il periodo di tempo necessario a far acquisire al lavoratore l’assegnazione definitiva a mansioni superiori, in caso di richiesta di prestazione lavorativa continuativa ad un livello superiore a quello di assunzione. Il periodo di tempo necessario ora all’acquisizione a titolo definitivo del maggior inquadramento è di sei mesi, raddoppiato rispetto a quello precedente di tre mesi. Inoltre il termine può essere ulteriormente derogato per previsione dei contratti collettivi.