Lavoro a Termine

Il Ministero del Welfare interviene sul lavoro a termine a distanza di tempo dalla entrata in vigore del D.Lgs. 368/2001 (24/10/2001) per chiarire la portata innovativa della norma in termini di flessibilità del rapporto di lavoro a tempo determinato. Ci è sembrato giusto trattare in modo approfondito l’argomento che fino ad ora ha trovato nella legislazione e nei CCNL grossi vincoli normativi e procedurali.

                Sul tema da segnalare la Circolare Confindustria del 10 ottobre 2001 n. 16766.

 

Il decreto legislativo 6 settembre 2001 n.368 consente la generale instaurazione di rapporti di lavoro a tempo determinato ove sussistano “ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” che giustificano l’apposizione del termine medesimo. Nella disciplina delineata dal decreto legislativo in commento appare superato l’orientamento volto a riconoscere la legittimità dell’apposizione del termine soltanto in presenza di un’attività meramente temporanea, così come superati sono i caratteri della eccezionalità, straordinarietà e imprevedibilità proprie delle precedenti ragioni giustificatrici.

In altre parole, il contratto a termine deve essere considerato lecito in tutte le circostanze, individuate dal datore di lavoro sulla base di criteri di normalità tecnico-organizzativa ovvero per ipotesi sostitutive, nelle quali non si può esigere necessariamente un’assunzione a tempo indeterminato.

Tanto premesso la Circolare del Min. del Lavoro interviene per svolgere alcune osservazioni e considerazioni sui principali aspetti della normativa, che appare come norma generale e aperta la cui funzione è quella di consentire l’utilizzazione flessibile dell’istituto, individuando per grandi linee i casi in cui la ricorrenza di esigenze oggettive dell’organizzazione d’impresa determina l’ammissibilità del ricorso a rapporti a tempo, con ciò operando una minore compressione dell’autonomia privata, le cui pattuizioni restano sottratte al controllo amministrativo e sindacale.

 

Clausola generale di legittimazione del contratto a tempo indeterminato

Il provvedimento individua alcune ipotesi di assunzione a termine in cui non è richiesta la sussistenza di specifiche ragioni, né, ovviamente, la relativa indicazione nel contratto:

  • assunzione nel trasporto aereo e nei servizi aeroportuali;
  • assunzione nel settore del turismo e dei pubblici servizi, per l’esecuzione di speciali servizi non superiori a 3 giorni;
  • assunzione di dirigenti, ammesse con il limite max di 5 anni;
  • prosecuzione del lavoro del personale dipendente che abbia differito il pensionamento di anzianità (Legge 388/2000 art. 75);
  • assunzione di lavoratori in mobilità;
  • assunzione dei disabili.

 

Ragioni di carattere tecnico, produttivo e organizzativo

Tali ragioni devono essere specificate preventivamente dal datore di lavoro nel contratto stipulato, devono rispondere ai requisiti dell’oggettività e, pertanto, debbono essere verificabili al fine di non dar luogo a eventuali comportamenti fraudolenti o abusivi.

La ragione addotta, purchè concretamente riscontrabile, è rimessa all’apprezzamento del datore di lavoro e deve sussistere, e quindi essere verificata, al momento della stipulazione del contratto. La sopravvenuta stabilità dell’esigenza non può incidere sulla legittimità del contratto di lavoro e del suo termine..

Se la specifica causale di assunzione in concreto dedotta dalle parti non dovesse essere riconducibile alla previsione del decreto, il contratto dovrà considerarsi dall’inizio a tempo indeterminato.

 

Ragioni sostitutive

L’ampiezza della formula utilizzata legittima l’apposizione di un termine al contratto di lavoro indipendentemente dal fatto che il personale da sostituire si sia assentato per ragioni imprevedibili e non programmabili.

Il contratto a termine stipulato per questa motivazione non è assoggettato ai limiti quantitativi che verranno eventualmente introdotti dall’autonomia collettiva.

L’apposizione del termine può risultare direttamente e indirettamente, cioè, anche con un mero rinvio al momento del futuro rientro del lavoratore sostituito.

 

Limiti quantitativi ed esclusioni da tali limiti

Si affida ai CCNL il compito di individuare i limiti quantitativi di utilizzazione dell’istituto, fatte salve quelle specifiche ipotesi di assunzione espressamente escluse da ogni limitazione. Si tratta:

  • assunzioni ascrivibili a fabbisogni particolari di flessibilità degli assetti produttivi e/o  di servizio;
  • assunzioni funzionali all’accesso al lavoro dei giovani o degli ultracinquantenni.

In questi casi è comunque necessario giustificare il contratto a termine.

I limiti percentuali non trovano applicazione nel caso di contratto a termine di durata complessiva inferiore a sette mesi a condizione che nei 6 mesi precedenti non sia venuto a scadere altro contratto a termine di durata inferiore a 7 mesi e avente a oggetto lo svolgimento di attività identiche.

 

Requisiti di forma del contratto a termine

L’indicazione scritta del termine e delle ragioni che lo legittimano è richiesta a pena di nullità della clausola relativa al termine, con la conseguenza che il contratto si considera a tempo indeterminato.

Copia del contratto, la cui pattuizione e stesura può essere anteriore o contestuale all’inizio della prestazione, deve essere consegnata al lavoratore entro 5 giorni lavorativi dall’assunzione in servizio.

L’atto scritto non è richiesto per le assunzioni con durata non superiore a 12 giorni di calendario.

Il termine finale del contratto può risultare direttamente o indirettamente.

 

Divieti di stipulazione del contratto a termine

Opera un divieto tassativo nei seguenti casi:

  • per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
  • presso unità produttive dove operi CIG;
  • in assenza di valutazione dei rischi (D.Lgs. 626/94).

E’ fatto inoltre divieto di assumere lavoratori con contratto a termine presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, nei sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi di personale adibito alle medesime mansioni cui si riferirebbe il contratto a termine da stipularsi. Tuttavia in questo caso esistono tre eccezioni:

  • per diversi accordi collettivi;
  • per sostituire lavoratori assenti;
  • per assumere lavoratori in mobilità;
  • durata iniziale non superiore a tre mesi, comunque prorogabile.

 

Contratti esclusi dal campo di applicazione del decreto legislativo n.368/2001

Il provvedimento in esame reca disposizioni concernenti l’esclusione dal proprio ambito applicativo di istituti e tipologie contrattuali, sia in quanto soggetti al apposito regolamento giuridico (lavoro temporaneo, formazione e lavoro, apprendistato), sia in quanto preordinati al conseguimento della formazione e all’inserimento al lavoro, quali stages, piani di inserimento lavorativo, tirocini, che le relative previsioni contrattuali non riconducono all’area di cui all’art.2094 del c.c., ovvero alla tipica figura di lavoro subordinato (prestazione dietro compenso).

 

Durata del contratto a tempo determinato

L’individuazione della durata del contratto rappresenta una variabile dipendente dal contesto produttivo nel quale il lavoratore deve essere inserito. L’unico limite di durata è in generale quello desumibile, secondo un criterio di ragionevolezza, in coerenza con la concreta causale di assunzione dedotta in contratto all’atto della sua stipulazione.

Esistono tuttavia nel decreto alcune disposizioni  che recano predeterminazioni temporali di alcuni contratti:

  • nel settore turismo e pubblici servizi lavoro a giornata max 3 giorni;
  • per lavori occasionali max 12 giorni non prorogabili;
  • presso unità produttive nelle quali si sia proceduto a licenziamenti collettivi che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni max 3 mesi prorogabili;
  • contratti di breve durata max 7 mesi non prorogabili, o maggior durata stabilita dal CCNL;
  • assunzioni di lavoratori in mobilità max 12 mesi non prorogabili;
  • lavoratori anziani in possesso dei requisiti di pensionamento max 2 anni ripetibili;
  • ipotesi di proroga max 3 anni;
  • contratto dei dirigenti max 5 anni

 

Proroga del termine

Il contratto di lavoro a termine può essere prorogato anche per un periodo largamente superiore a quello iniziale, ferma restando la durata complessiva di tre anni ad eccezion fatta per i contratti di breve durata (max 7 mesi).

L’attuale disciplina consente un indefinito numero di rinnovi sempreché separati dagli opportuni intervalli temporali (almeno 10 gg per contratti iniziali fino a 6 mesi, almeno 20 gg per contratti iniziali oltre i 6 mesi), ma ribadisce il principio dell’unica proroga senza tuttavia circoscriverne la durata, purchè, si ribadisce, nel complesso inferiore a 3 anni.

Quanto alla giustificazione della proroga vi è da dire che le ragioni oggettive indicate dal legislatore sono prive del carattere della imprevedibilità e/o eccezionalità e/o straordinarietà. E’ dunque da ritenersi superata quella previdente disposizione che subordinava la legittimità della proroga alla sussistenza di esigenze contingenti e imprevedibili. In particolare, fermo restando che la proroga deve riferirsi alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato, esiste la possibilità che le ragioni giustificatrici della proroga, oltre che prevedibili sin dal momento della prima assunzione, siano anche del tutto diverse da quelle che hanno determinato la stipulazione del contratto a termine purché riconducibili a ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.

La proroga richiede senz’altro il consenso del lavoratore, per la validità ed efficacia del quale non è necessaria la forma scritta.

La nuova disciplina della proroga del contratto a termine è destinata a trovare applicazione già con riguarda ai contratti stipulati nel vigore della previgente normativa.

 

Prosecuzione del termine

Il decreto disciplina l’ipotesi della prosecuzione del rapporto individuando un periodo di tolleranza. Più precisamente si stabilisce che ove il rapporto continui dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il datore di lavoro deve corrispondere al lavoratore per ogni giorno di continuazione una maggiorazione della retribuzione.

Pur tuttavia, nel caso in cui il rapporto prosegua per più di 20 o 30 giorni, rispettivamente per i contratti di durata inferiore o superiore a sei mesi, il contratto si considererà a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.

 

Limiti alla successione dei contratti a termine

Il contratto a termine si trasforma in contratto a tempo indeterminato in ipotesi di successione quando:

  • dalla data di stipula del primo contratto, quindi con efficacia retroattiva, se le assunzioni si siano succedute senza soluzione di continuità;
  • dalla data di assunzione di un secondo contratto a tempo determinato, se la riassunzione sia intervenuta entro un periodo di 10 o 20 giorni dalla data di scadenza del contratto (rispettivamente di durata inferiore o maggiore di sei mesi) ritenendo che il termine comprenda anche il periodo di un’eventuale prosecuzione del contratto;
  • da ventunesimo o trentunesimo giorno successivo alla scadenza contrattuale, nel caso di prosecuzione indennizzata del rapporto.

 

Abrogazioni e regime transitorio

Il decreto dispone la regolamentazione dell’intera materia del contratto a termine e abroga direttamente o indirettamente tutte le norme precedenti.

Le clausole dei CCNL che riguardano i contratti a termine manterranno la loro efficacia fino a scadenza dei medesimi, affiancandosi al dettato normativo.

Lo stesso dicasi per le clausole di contingentamento disposte dai CCNL che almeno in linea di principio stabiliscono tetti massimi alle assunzioni a tempo determinato con esclusivo riferimento alle ipotesi tipizzate dall’autonomia collettiva e non anche a quelle già legittimate dal legislatore.

 

Iscrizione nelle Liste di Mobilità dei Lavoratori licenziati da aziende con meno di 15 dipendenti

La legge di conversionen.178/2002 del Dl n.108/2002 ha apportate importanti integrazioni allo stesso. Tralasciando le disposizioni che riguardano aziende appaltatrici presso impianti petroliferi e petrolchimici, il settore tessile, quello della sanità privata, ci limitiamo ad evidenziare la norma che riguarda l’iscrizione alle Liste di Mobilità per quei lavoratori licenziati da aziende con organico sotto i 15 dipendenti.

 

Il Dl n.148/1993 disponeva, in deroga alle previsioni della legge n.223/1991, la possibilità di iscrizione nelle liste di mobilità dei lavoratori che fossero stati licenziati da aziende artigiane o cooperative di produzione e lavoro con meno di 15 dipendenti. Il licenziamento doveva essere disposto per giustificato motivo oggettivo in relazione alla riduzione, trasformazione o cessazione dell’attività. La deroga, scaduta il 31 dicembre 2001, è stata prorogata al 31 dicembre 2002 e, pertanto, i lavoratori potranno iscriversi  nuovamente nelle liste di mobilità, mentre le imprese che hanno già assunto o intendano assumere tali lavoratori potranno continuare a beneficiare delle connesse agevolazioni.

 

Rivalutazione TFR: coeff. di luglio 2002

Il coefficiente di rivalutazione per la determinazione del TFR maturato nel periodo compreso tra il 15 luglio e il 14 agosto 2002 è pari a 2,168103 (Indice ISTAT 118,0).

 

Co.co.co: indennità  di Maternità e Assegno Nucleo Familiare

L’INPS, con circolare 29 luglio 2002, n.138, in applicazione del DM 4 aprile 2002, fornisce le istruzioni in merito alle modalità per ottenere da parte delle lavoratrici parasubordinate l’indennità di maternità e l’assegno per il nucleo familiare.

 

Le principali novità apportate dal citato decreto sono:

  • corresponsione dell’indennità di maternità in luogo dell’assegno di parto;
  • l’estensione del beneficio anche alle ipotesi di adozione e affidamento;
  • l’introduzione dell’indennità di paternità;
  • l’eliminazione dell’assegno di aborto;
  • l’eliminazione delle limitazioni relative alla composizione del nucleo familiare e al reddito pro capite per gli assegni familiari.

 

Indennità di maternità

A partire da 1/1/1998 alle madri lavoratrici iscritte alla gestione separata sarà corrisposta un’indennità di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi: per questo periodo non esiste l’obbligo di astensione dal lavoro a causa delle caratteristiche dell’attività svolta.

L’indennità, che non spetta alla lavoratrici iscritte ad altre forme previdenziali obbligatorie e alle pensionate, sarà corrisposta alle lavoratrici in favore delle quali, nei dodici mesi precedenti i due mesi anteriori alla data del parto, risultino attribuite almeno tre mensilità della contribuzione dello 0,50%.

L’indennità di maternità viene riconosciuta, a differenza del passato, anche in caso di adozione o affidamento per i tre mesi successivi all’effettivo ingresso nella famiglia della lavoratrice del bambino.

Sempre a decorre dal 1 gennaio 1998, al padre lavoratore, iscritto alla gestione separata INPS e con gli stessi requisiti contributivi di cui sopra, è corrisposta un’indennità di paternità per i tre mesi successivi alla data effettiva del parto.

L’importo dell’indennità di maternità o paternità è determinato per ciascuna giornata del periodo indennizzabile in misura pari all’80% di 1/365 del reddito derivante da attività di collaborazione coordinata e continuativa o libero professionale utile ai fini contributivi, per i dodici mesi precedenti l’inizio del periodo indennizzabile.

L’indennità è corrisposta direttamente dall’INPS dietro presentazione di apposita domanda (mod. MAT/GEST.SEP).

Assegno per nucleo familiare

L’assegno per il nucleo familiare spettante ai lavoratori parasubordinati è stato equiparato per molti aspetti a quello dei dipendenti. Infatti è previsto che il concetto di nucleo familiare e le tabelle di reddito siano coincidenti con quelle dei lavoratori dipendenti.

La circolare precisa inoltre  che, nei nuclei familiari a composizione reddituale mista, il requisito del 70% del reddito complessivo minimo di lavoro dipendente per avere diritto all’assegno è raggiunto con la somma dei redditi di lavoro dipendente e parasubordinato.

Il pagamento è effettuato direttamente dall’INPS.

 

Dichiarazione di emersione/legalizzazione di lavoro irregolare di extracomunitari

Il Ministero dell’Interno ha pubblicato la Circolare n.13 del 19 luglio 2002 per spiegare la legge di modifica della normativa in materia di immigrazione e di asilo concernente la dichiarazione di emersione di lavoro irregolare di extracomunitari addetti al lavoro domestico o di assistenza e la legalizzazione di lavoro irregolare di extracomunitari addetti al lavoro subordinato.

 

L’art 33 della legge di modifica della normativa in materia di immigrazione ed asilo prevede che chiunque abbia occupato personale extracomunitario nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della legge (1/9/2002), adibendolo ad attività di assistenza a componenti della famiglia affetti da patologie o handicap ovvero al lavoro domestico, può regolarizzare il rapporto di lavoro denunciandone la sussistenza entro due mesi dall’entrata in vigore della legge.

Altresì è stato presentato un provvedimento del Governo, che consente la legalizzazione della posizione degli extracomunitari che prestano lavoro subordinato. I termini per la presentazione della dichiarazione sono limitati a un mese dal 10/9/2002, data di entrata in vigore del provvedimento.

 

Il datore di lavoro che intende presentare la dichiarazione di emersione/legalizzazione dovrà recarsi presso uno sportello postale e ritirare l’apposito plico (di due tipi distinti, uno relativo al lavoro domestico, l’altro relativo al lavoro subordinato) contenente tutto il necessario per la presentazione delle dichiarazioni:

  • il modulo per la dichiarazione di emersione/legalizzazione;
  • il bollettino di cc postale per il versamento del contributo forfetario;
  • la busta prestampata dove inserire la documentazione;
  • la cedola dell’assicurata.

Una volta compilata la dichiarazione, il datore di lavoro, fatte le opportune fotocopie da conservare (una per se stesso ed una per il lavoratore) effettua i versamenti (290 + 40 € per colf e badanti, 700 +100 € per il lavoro subordinato) e consegna la dichiarazione, attendendo la convocazione presso lo Sportello Polifunzionale che dovrà attribuire il Codice Fiscale al lavoratore e rilasciare il Permesso di Soggiorno.

 

Credito d’imposta nuovi assunti: esauriti i fondi

Il Ministero dell’economia e delle finanze, con due decreti, ha stabilito le nuovo procedure per accedere al credito d’imposta (art.7 legge 388/2000).

                Ricordiamo che si tratta della norma che prevede un credito d’imposta di € 413,17 mensili per l’assunzione dall’ottobre 2000 al dicembre 2003 di lavoratori che abbiano meno di 26 anni, che non abbiano svolto attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato nei 24 mesi precedenti e che vadano ad incrementare l’organico aziendale rispetto alla media.

 

Con il primo decreto del 1° agosto 2002 è stato stabilito che a decorrere dall’8 luglio 2002 l’accesso al benefico per le nuove assunzioni non è più automatico ma è condizionato alla preventiva presentazione di un’appostita istanza al centro operativo di Pescara dell’Agenzia delle entrate (prima dell’assunzione), nel rispetto della seguente procedura:

  • inoltro istanza per via telematica;
  • entro 30 gg l’Agenzia comunica l’eventuale diniego. In mancanza della risposta nei termini il beneficio si intende concesso.

Con il secondo decreto, sempre del 1° agosto 2002, si comunica l’avvenuto esaurimento delle risorse disponibili per l’anno 2002 a decorrere dal 6 agosto 2002.

I datori di lavoro che hanno utilizzato il credito d’imposta dopo la pubblicazione del decreto (5 agosto 2002) devono provvedere alla restituzione degli importi indebitamente utilizzati. Se la restituzione è fatta entro 30 gg non si applicano interessi e sanzioni.

 

Nel caso in cui il datore di lavoro proceda ugualmente all’assunzione del lavoratore interessato dalla normativa, lo stesso potrebbe essere ammesso al beneficio per l’anno 2003.

Sicuramente, per le assunzioni effettuate fno all’8 luglio 2002, i datori di lavoro interessati possono continuare ad applicare il bonus fatte salve le verifiche di decadenza previste dall’art.7 della legge 388/2000 (prossima verifica al 30 settembre 2002).

 

I contenuti per ciascuno degli argomenti trattati non vogliono in alcun caso essere esaustivi della materia, ma segnalare semplicemente alcune novità che interessano il mondo del lavoro.

Siamo disponibili a fornire ulteriori notizie e informazioni, su Vostra sollecitazione, sia per corsi monotematici, che per incontri mirati allo studio di problematiche e situazioni specifiche.